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martedì, luglio 22, 2008

Che vi posso dire...

A parte il fatto che oggi al bar ho chiesto "un panino fotto e contina", che vi posso dire...
Che sto cercando casa a Roma, che tra un po' tornerò a Taranto per godere mare, parenti e amici vari e soprattutto che il mitico Sergiuzzo s'è laureatoooooooooooooooooooo!!!
110 e lode. Grande Sergio. In tutti i sensi...

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domenica, luglio 13, 2008

11 luglio 2007, Giardino dei Boboli, Firenze. Sigur Ros








E' difficile trovare le parole per descrivere le sensazioni che mi trasmettono i Sigur Ros...Posso solo dire che la loro Musica e la Voce di Jonsi hanno scandito ogni mio passo, respiro, battito e pensiero, sin dalla prima volta che li ho ascoltati.
Pompano sangue, ossigeno, pace, disperazione, desiderio, passione, lacrime e sorrisi nelle vene.
Sono la colonna sonora dell'amore che cerco in giro per la Vita.
Sono la magia delle movenze e della profonda bellezza di lei che amo.
Sono la melodia di coloro che mi vivono nel cuore.
Sono le sfumature di tutto ciò che di meraviglioso ci circonda.
Sono l'illusione di poter cancellare le brutture e le cattiverie che ci sviliscono.
Sono le ali che mi permettono il volo e regalano sogni.

...Chiudo gli occhi e li sento attorno e dentro me. Una lacrima cola sulla faccia. Si ferma tra le labbra...che si schiudono in un sorriso...





p.s.: a proposito, l'11 luglio sono stato con Coralla al concerto (è stata la mia seconda volta), a dir poco splendido...Saluto gli amici giunti da Siena e Bologna per condividere la grandezza e la magia dell'evento.
Ovviamente i video di cui sopra non sono quelli dell'esibizione fiorentina, che ho comunque ripreso non so ancora con quali risultati...
Ho solo due rimpianti: che il concerto sia finito e che i miei e mia sorella non fossero lì con me, dopo tutte le volte che li ho ammorbati con la sfrenata, incondizionata passione che nutro per gli "dei della musica" venuti dall'Islanda

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giovedì, luglio 03, 2008

Capitolo 0 di un racconto ancora senza titolo

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All’improvviso realizzò di trovarsi in mezzo al traffico.
Una mano sul volante e l’altra sul cambio. Era pronto a mettere la prima e scattare insieme al verde in direzione centro. Più di mezz’ora bloccato in quel macello di ferraglia e motori. Finalmente era riuscito a capire dove fosse. Imbottigliato. Incapsulato. Incastonato in un orrendo e pulsante gioiello tecnologico. Il traffico. Braccato!!!
In quei trenta e più minuti aveva guidato per inerzia, si era fumato la solita sigaretta e aveva pensato alla sua storia con Rita. Finita. Chiusa. Dopo sei anni, dopo tanti, troppi momenti passati con lei. Stop. Ferito e braccato!!!
Gli scappamenti delle auto emettevano rauchi canti fumosi. Le moto ruggivano coprendo i ronzii degli scooter scorreggianti e il cinguettìo delle biciclette. Su tutti, i barriti potenti degli autobus dettavano il tempo a quell'orchestra nervosa e sconclusionata.
Il sole, appena sbucato da una nuvola, era nuovamente pronto a sparire, a nascondersi dall’orrore di una civiltà persa nell’isterìa. Per un istante un tiepido raggio fece capolino sul viso del nostro poetico antieroe.
Era in coda. In attesa. Come sempre…
Il traffico. Lo odiava e non sopportava tutti quelli che suonavano il clacson, come se quel suono fastidioso potesse risolvere qualcosa. Non tollerava i clacson.
“Devi voltare pagina, caro mio. Devi cambiar registro, caro Giovanni!” si disse ad alta voce, mentre l’autoradio sputava dagli altoparlanti un pezzo dei Pink Floyd. Money!!!
SmogVelenoClacsonSemaforiSireneMarmittePedoniDeviazioni!!!
Macchine in doppia fila. Fermate del bus. Lavori in corso. Parolacce e bestemmie. Dare precedenza a chi arriva da destra e ai pedoni sulle strisce bianche. Stop. Capolinea. Parcheggio. Miracolo! Stop!
Trovato il parcheggio, spense il motore. Ascoltò ancora per qualche secondo cosa avessero da dirgli i Pink Floyd. Quindi, spense anche la radio.
Money!!!
La borsa sul sedile del passeggero non aspettava altro che essere afferrata dalla sua mano. E così fu. Con la borsa a tracolla, chiuse lo sportello e s’infilò le chiavi in tasca. Tasche sempre piene di cianfrusaglie, vecchi scontrini appallottolati e ricevute bancomat scolorite dal tempo e dal sudore. Tasche, però, avare di soldi. Si sfilò gli occhiali da vista che utilizzava per guidare o guardare quel poco di tv che riusciva a concedersi la sera, ed inforcò quelli da sole (non graduati…troppo costosi). Gli servivano esclusivamente per riparare gli altri dal suo sguardo stanco e avvilito. Il sole, timido e svogliato, aveva deciso di sparire dietro ad un esercito agguerrito di nuvole. Nuvole minacciose e grigiamente severe. Nuvole pronte a sputare pioggia sporca sulla sporca città. Umido e cemento. Umido e metallo. Umido e sporcizia. Umido e diossina. Era tutto ciò che sentiva insinuarsi nelle vene...
Era giunto il momento di rassegnarsi e andare al lavoro…
Cuffie alle orecchie e borsa penzoloni, varcò la fatidica soglia. Fu così inghiottito dalle fauci del mondo del lavoro. Mentre veniva risucchiato nelle viscere della produttività, pensò a quanto si sentisse privo di slancio vitale in quel particolare periodo della sua ancor giovane vita.
Continuò a canticchiare tra sé e sé il pezzo dei Pink Floyd, fino a quando non fu costretto dallo sguardo vigile del suo superiore a lasciarsi alle spalle ogni minimo sentore di felicità…

“Money, get away.
Get a good job with good pay and you’re okay.
Money, its a gas.
Grab that cash with both hands and make a stash.
New car, caviar, four star daydream,
Think I’ll buy me a football team.”*

Qualcosa vibrò nella borsa. Il cellulare.
Solo uno squillo...



*"Money", Pink Floyd, 1973, dall'album "Dark side of the Moon"

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